Carlo Carletti è un fotografo di matrimoni. L’affermazione, concisa ed esaustiva, non restituisce integralmente l’idea dei valori in gioco. Il nostro, per quanto “addetto ai lavori” del wedding, è stato in grado di restituire in Italia alla fotografia un percorso culturale e d’immagine tutto proprio: dall’approccio, sino al linguaggio tuttora in evoluzione. Avvocato per formazione, ha aderito alla disciplina della fotografia sin dai primi richiami giovanili: quando la passione bussava diritto al cuore, senza passare per la ricerca di facili neologismi tecnici o di mestiere. Da buon neo realista (c’è anche un po’ di questo nel Carletti fotografo), non ha mai rinnegato un’origine “amatoriale”, come tutti i grandi che l’hanno preceduto; il che gli ha concesso un’enorme curiosità e una spiccata lucidità per attendere quell’istante già visto e quindi fatto proprio. La sua propensione narrativa risiede pertanto nell’attesa, nella capacità d’immergersi nel teatro del soggetto, nel vedere senza intrudere, nell’aggiungere alla visione oggettiva la giusta porzione di complessità: dove gli elementi sono tutti connotanti e coerenti con il contenuto. Carlo Carletti è un fotografo di matrimoni: ora possiamo comprenderlo maggiormente, perché delle cerimonie lui è un narratore, come per tutte le cose della vita. Non solo, del matrimonio ne è un autore, essendo in grado di apporre una firma riconoscibile e consapevole ai lavori che si appresta a svolgere.
All’attivo ha due libri a tema e anche delle personali: lavori mostrati perché richiesti da quella committenza che di solito chiama artisti, reporter, concettuali, paesaggisti e via dicendo. L’esperienza, la carriera (che pure esistono), da sole non bastano a suffragare un senso di appartenenza, perché Carlo ha portato i Matrimoni tra i soggetti disponibili, nella fotografia possibile, a disposizione di quanti vogliano guardare e intraprendere percorsi similari. Si tratta di un regalo (grazie) fatto alla fotografa in genere ed anche agli interpreti dell’arte: distratti (è dir poco) da un’artigianalità provinciale, spesso affrontata per mancanza d’idee. A guardare le sue immagini si ha quasi l’impressine di affrontare un grande viaggio ai confini dello sguardo, dove erano soliti operare Bresson, Doisneau, Bressai, Kertez: fotografi in grado di comprendere il quando e il come, aspettando quell’istante già visto e quindi immediatamente vero. “La fotografia abituò gli occhi ad aspettare ciò che debbono vedere, e dunque a vederlo”, così diceva Paul Valery a cento anni dalla nascita della fotografia. Carlo Carletti è in grado di farlo, oggi, con le fotografie di matrimonio. Anche questo è un merito. Il più grande.